venerdì 9 luglio 2010

COBRA quinta puntata (di 6)


Eccoci alla penultima puntata di Cobra, il mio ultimo racconto. La parte conclusiva uscirà su questo blog venerdì prossimo.
Illustrazione di Stefano Parola.


Capitolo V
Anche Aldo riaprì gli occhi, anche lui con una fame da lupo, ma, soprattutto, senza sentire il suo cuore risvegliarsi con lui, sentendosi in qualche modo svuotato del soffio vitale, e forse della stessa anima. Aveva i vestiti a brandelli, e se si fosse guardato avrebbe notato che le sue carni erano alquanto deturpate. Ma non ci pensò, non si lasciò impressionare dal sangue che tinteggiava le pareti, il letto, il pavimento, a chiazze, a gocce, a schizzi. Uscì zoppicando dall’appartamento, come se avesse sempre camminato così, e si trascinò giù per le scale. Le strade gli parvero buie, poi accecanti, come in un primo pomeriggio d’un agosto assolato. Attraversando piazza Sant Alessandro vide venire, dal lato opposto, una vecchia trascinata dal barboncino bianco che la teneva al guinzaglio. Guardò il cane con odio e gli si fece incontro con passo claudicante. L’abbaiar che fece l’animale vedendoselo venir contro accese ancor di più i suoi spiriti di fuoco, gli si gettò addosso e lo mangiò lì dove l’aveva acchiappato, incurante degli urli della beghina sua padrona.
Nessuno mosse un dito per quel cane; le telecamere erano lì, e vedevano tutto, le pattuglie giravano nella strada accanto, ma non successe nulla. Solo apparvero Sheena e Logan, per nutrirsi delle carni della vecchia; le strapparono di dosso la sua pelle flaccida, gli rimasero le rughe tra le dita. Aldo guardò loro negli occhi, e loro guardarono lui.
Tre milioni di persone vivevano a Milano, e vi erano circa quattro milioni di telecamere. Logan aveva sognato di fracassarle tutte una volta; lui non lo sapeva ma Aldo aveva sognava la stessa cosa. Ad Aldo gli occhi di Cobra avevano ispirato fiducia; sempre coperti dagli occhiali scuri… non pareva che ti guardassero. Non se n’era reso conto, ma in realtà gli occhi di Cobra non li aveva neanche mai visti. In quei giorni Cobra camminava nervoso per la sua cantina, misurandola con le suole callose dei suoi piedi scalzi. Logan e Sheena non c’erano, Aldo Paoli non era più tornato al covo, Filtro si palesava quasi quotidianamente, ma aveva l’aria nervosa e incazzata, e non lo trattava più come un mentore. Un giorno Filtro bussò alla porta dello scantinato ma Cobra non venne ad aprire. Aspettò mezz’ora sul marciapiede, fumando sigarette, e finalmente arrivarono due grossi occhiali scuri, davanti ad un volto ruvido circondato da una criniera di capelli ricci, e con quel volto il resto dell’uomo che stava aspettando.
-Ciao Filtro- disse Cobra aprendo la grossa porta di ferro
-Ciao-
Quando furono nel covo Cobra si diresse a passi lenti verso il suo abituale tavolaccio di pietra, verso gli angoli bui dove passava le ore a rimescolare erbe, radici, funghi e quant’altro, ma Filtro, seguendolo da vicino, era deciso a non lasciarlo andare a nascondersi nell’ombra.
-Cosa facciamo?- gli chiese con tono più minaccioso che interrogativo, quasi alitandogli nell’orecchio
-Nulla, per ora-
-Sono giorni che non facciamo nulla. Io ho ucciso Logan e Sheena, l’ho fatto perché me l’hai chiesto tu. Ma perché? E perché Aldo non si vede più?-
-Logan e Sheena devono essere in giro, prima sono uscito a cercarli, ma non ho idea di dove possano essere andati-
-Cooosa?- fece Filtro alquanto indispettito –Io li ho uccisi entrambi! Dubiti che l’abbia fatto sul serio?-
-Io spero che tu l’abbia fatto- replicò Cobra – e, se l’hai fatto, spero che siano ancora in giro-
-Mi prendi per il culo?- strillò Filtro afferrandolo per la camicia e dandogli uno scossone.
-La droga che ho dato ad Aldo- disse Cobra in fretta, perdendo la sua aria da serpente velenoso per quella d’un verme supplichevole –se ha fatto effetto Logan… e Sheena… dovrebbero essere, non dico vivi, ma… attivi, e affamati-
Filtro rimase per un momento immobile, stringendo il colletto di Cobra tra i pugni tanto serrati che le mani cominciarono a fargli male, fissandogli addosso due occhi sbarrati e sporgenti, di pietra.
-Tu sei pazzo- disse infine lasciandolo andare, facendo due passi indietro e sputandogli addosso con stizzoso disprezzo. Poi voltò le spalle a Cobra, pensando di lasciarlo come si lascia una parte della propria esistenza relegandola per sempre in un album di foto intitolato “passato”.
-Vedrai!- gli urlò Cobra mentre già la sua ombra spariva ad di là della porta dello scantinato -Vedrai!!-
Filtro si sedette esausto sul divano che occupava per tutta la lunghezza una parete di quel buco che chiamava casa, con una birra calda in mano ed una sigaretta tra le labbra, e osservava lo scaffale dei suoi tesori: vecchi film in dvd, alcune rarissime videocassette, fumetti dalle pagine ingiallite, libri. Pensava che il futuro non era come se l’erano immaginato i grandi registi d’un tempo: la terra non era stata inghiottita dalle acque come in Waterworld, non c’erano le bizzarre tecnologie di Nirvana, e non era nemmeno tanto terribile come in 1984, per fortuna. Certo che quel libro era, tra le tante premonizioni, quella più valida, perché aveva predetto quali sarebbero stati gli strumenti del potere repressivo e l’inutilità di tentare ad opporvisi. Forse non si era giunti alla situazione vaticinata da Orwell solo perché non ce n’era stato bisogno, perché l’umanità si era rivelata più docile del previsto… o no?
Filtro se ne stava perso in queste inconcludenti riflessioni, stordito dalla calura della giornata, quando sentì bussare alla porta.
-Andate via!- urlò, quasi piangendo, oppresso com’era dal peso del suo divagare. Ma il bussar dal di fuori non cessò, anzi, continuò costante ed insistente, con il sinistro assillo d’un richiamo dall’oltretomba. Quando il rintocco dei colpi sul legno della porta gli ebbe invaso la testa come un rimbombo amplificato ad ogni eco, s’alzò snervato e spalancò nervosamente l’uscio.
Dapprima riconobbe Aldo, o quel che ne rimaneva; un uomo ricurvo s’un lato a malapena coperto da pochi stracci sbrindellati, e sotto quegli stracci sporchi ferite luride di sangue rappreso. A Filtro andò di traverso l’ultima sorsata di birra e fu costretto a tossire forte e a fare quello che mai avrebbe fatto in situazioni ordinarie; lasciò cadere la sua sigaretta ed indietreggiò dandosi forti colpi sul torace, come a voler sputare la bevanda maltata che gli era andata giù per il tubo sbagliato. Quei pochi passi indietro gli permisero una visione più completa di coloro che erano venuti a fargli visita. Se si potesse pensare agli stipiti di una porta come ad una cornice si direbbe che a Filtro si presentò il quadro di un pittore psicopatico con uno spiccato senso dell’orrido e del meticcio. Da un lato la figura che abbiamo descritto, dall’altro colui che a suo tempo si era fatto chiamare Charles Logan, solo un po’ più pallido, d’un pallore messo in risalto dalle macchie livide che gli si gonfiavano in volto. Tra i due Sheena avanzava più come una pantera che come la ragazza che era stata e dietro di loro un Cobra dalla ritrovata imponenza, rianimato da un nuovo senso di viscida velenosità, pareva guidarli non come un pastore che conduce le sue pecore ma come un falconiere che libera il suo rapace.
-Prendetelo!- urlò, allungando un dito nero tempestato di anelli ingioiellati.
-N-no!- balbettò Filtro con voce strozzata, mentre Logan ed Aldo gli si facevano incontro più brutti che mai. Lo presero per le braccia, uno a destra ed uno a manca, nonostante i pugni e lo smanacciare che fece, gli si avvinghiarono indosso come bestie, come scimmie che si aggrappano al ramo. Poi si fece avanti Sheena, alta e sfrontata, ma non meno sciupata degli altri, coi capelli arruffati da strega, o da vecchia trasandata. La carne del suo volto, quella parte che sta sopra le guance ed appena sotto gli occhi, era insolitamente incavata ed il suo sorriso aveva un’aria malaticcia o malsana. Puntò dritto ai suoi blue jeans slavati, alla cerniera dei suoi pantaloni scoloriti, incurante dello scalciare e dei “che cazzo!” di Filtro.
-Stai fermo, brutto tabagista!- gli disse Aldo sfiorandogli il volto con le labbra, investendolo di un alito pestifero, mentre con una mano aiutava Sheena a trargli il pene fuor dalle mutande. Sheena gli gettò le braccia attorno al collo e gli si arrampicò addosso stringendo le cosce intorno alle sue ossa iliache ed i polpacci appena sotto le sue natiche, Aldo prese tra le dita il suo uccello e lo accompagnò nella vagina della negra. Dapprima Filtro non provò alcun tipo di eccitazione, ma solo un certo senso di repulsione. Poi sentì il suo pene gonfiarsi, lentamente, cominciare a pulsare, a riempirsi di sangue. I movimenti pelvici di Sheena che pareva gustarsi il suo organo sessuale come la più dolce delle squisitezze e l’impossibilità di opporre resistenza a quell’atto sessuale, perché Aldo e Logan lo tenevano inchiodato al pavimento, lo spinsero alla deriva in un vasto mare erotico e scarlatto. Chiuse gli occhi dimenticando il lato mostruoso della creatura con cui stava chiavando mordendosi il labbro inferiore con gli incisivi. Quando però tornò a sollevare le palpebre si vide davanti un faccione che lo guardava con due occhi grandi, rossi e sporgenti; due occhi che aveva sempre avuto vicino, ma che non aveva mai potuto vedere. Non fece in tempo a dir nulla; con un movimento deciso Cobra gli afferrò il capo con entrambe le sue robuste mani e gli girò il collo torcendolo oltre gli umani limiti, godendosi il secco scricchiolio delle sue vertebre cervicali. Poi si rimise gli occhiali scuri e gli voltò le spalle.
Se la sua supposizione era esatta Cobra avrebbe presto dovuto soddisfare la dipendenza fisica di quattro creature affamate, pronte a tutto pur di avere la sostanza che avrebbe permesso loro di non putrefarsi come cadaveri ambulanti. Se il contagio si fosse trasmesso anche per via sessuale presto anche Filtro sarebbe diventato feroce come Sheena, livido come Logan, ributtante come Aldo, e come gli altri tre, bisognoso delle sue mani esperte nel maneggiare mandragole e stramonie. Cobra lasciò gli altri nell’appartamento e, una volta in strada, telefonò ad un suo garzone di fiducia per ordinare una cospicua quantità delle materie prime necessarie per la preparazione del suo farmaco. Quando ebbe chiuso la conversazione si recò allo sportello di un bancomat, inserì la sua carta di credito, digitò il codice e richiese un sostanzioso prelievo. Ma a questo punto ebbe una sorpresa delle più indesiderate. La scritta sullo schermo gli disse che il suo credito era esaurito. Cobra sbiancò (per quanto possa sbiancare un negro), ripeté l’operazione, richiese il contante altre due, tre volte. Mentre, sudato per l’agitazione, colpiva più forte i tasti della macchina automatica, un agente della sicurezza uscì dalla banca e gli si accostò con fare severo
-Qualche problema, signore?- gli chiese studiandolo
Cobra capì che lo avevano osservato attraverso i monitor e gli occhi vitrei delle telecamere, e il suo comportamento aveva destato sospetti.
-N-no- rispose nervosamente, e s’allontanò schivando ulteriori domande.

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